La gravidanza è, in tutti i testi medici greci e latini di tradizione ippocratica, l’unico periodo di corretto funzionamento del corpo delle donne. Negli scritti ippocratici, uomini e donne contribuiscono entrambi ai processi di generazione: anche le donne produrrebbero una sorta di seme, trattenuto dall’utero per consentirne l’unione con lo sperma. La teoria dei ‘due semi’ spiega nelle fonti ippocratiche la nascita di bambini che possono assomigliare ad entrambi i genitori.  L’idea ippocratica di un contributo sia paterno che materno alla generazione è, invece, corretta nel trattato Sulla generazione di Aristotele nell’ipotesi che la madre fornisca solo sangue mestruale, che è materia passiva e inerte, mentre al padre spetta cessione di forma, moto e sensibilità, veicolate dal seme e vere responsabili delle nascite di figli sani, completi e maschi. Sia negli scritti ippocratici che nei trattati aristotelici la gravidanza è descritta come una fase in cui i figli maschi e le figlie femmine si formano con tempi diversi, più brevi per il maschio, più lunghi per le bambine, il cui eccesso di umidità rallenta la corretta formazione del corpo. In quasi tutte le fonti antiche, il feto può posizionarsi nella parte destra o sinistra dell’utero; le femmine a sinistra, nella parte che Aristotele indica come la più fredda del corpo, i maschi a destra, nella zona che in medicina indica, come in molti altri aspetti delle culture antiche del bacino del Mediterraneo, forza, benessere e buoni auspici (si pensi al significato attribuito dagli aruspici al volo degli uccelli da destra, e in genere al paradigma antico della superiorità della destra rispetto alla sinistra).  Solo in autori più tardi, in particolare nel medico appartenente alla scuola metodica Sorano di Efeso, la gravidanza perde i suoi connotati ideologicamente positivi e viene indicata come un periodo di fastidi e disagi che va trattata dal medico al pari di una vera malattia.

Sia le fonti epigrafiche, che quelle letterarie, mediche e archeologiche segnalano il parto come un momento di alto rischio: Medea preferirebbe la battaglia al pericolo di diventare madre. L’alto numero di culti e cerimonie legate alla fase del puerperio e della nascita documenta un timore diffuso e costante nelle civiltà antiche, che chiedono a dee antiche di proteggere le partorienti che abbiano ottemperato agli obblighi religiosi, come accade, per esempio, nei riti che prevedono il dono della cintura che stringe il ventre ad Artemide, nel tempio greco di Brauron, in cui si recano a chiedere protezione le donne che invocano un parto tranquillo. L’alto numero di ex voto di evidente interesse ginecologico sia in ambito greco, che etrusco e romano sottolineano la criticità del momento; lo stesso fanno le sepolture femminili provenienti dalle numerose necropoli romane, in cui l’indagine antropologica evidenzia un tasso di mortalità particolarmente alto nelle fasi fertili della vita, che potrebbe essere messo in relazione alla gravidanza e al parto.

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